Recensione “Rocks in my Pockets” su ColonneSonore.net

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Scritto da Roberto Pugliese

Mercoledì 10 Dicembre 2014

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Kristian Sensini
Rocks in my Pockets (2014)
MovieScore Media MMS14019
24 brani – Durata: 52‘56”

La carriera di Kristian Sensini si sta sviluppando in una direzione e secondo una linea di ricerca tra le più originali del panorama italiano. Definire il 38enne compositore marchigiano un “emergente” è senz’altro fargli torto; la sua poetica è già ampiamente compiuta, il suo stile – meglio ancora, il suo polistilismo – chiaramente definito, le sue scelte e i suoi riferimenti mostrano una nitida connessione e familiarità con modelli “alti” non meno che con il patrimonio “leggero”, in una sorta di approccio poliglotta e libertario a tecniche, generi (cinematografici e musicali), linguaggi e contenitori diversissimi tra loro.
Nondimeno, Sensini non è certo un musicista “mainstream”, almeno sinora; la sua filmografia, già copiosa, abita nelle regioni della produzione indipendente, a volte laboratoriale, sia di fiction (anche di genere, come l‘horror) che documentaristica. Un territorio vasto e poco affollato, dove operano registi orgogliosamente dediti ad un cinema “alternativo” ma comunicativo, come Domiziano Cristopharo.
Coerentemente con questa linea Sensini va affermandosi anche sul piano internazionale, attraverso scelte sempre molto rigorose e distanti dai facili corridoi del prodotto “popolare”. Non sorprende dunque ascoltarlo affrontare una nuova sfida nel firmare questa deliziosa, limpidissima e toccante partitura “minimal” per il film d‘animazione della scrittrice, disegnatrice e regista newyorkese ma di origine lèttone Signe Baumane: dove, in una confezione “leggera” e stilizzata, l‘autrice affronta in realtà temi drammatici come la depressione e il suicidio, attraverso la storia di cinque donne della sua famiglia. Il film, meritatamente in corsa per un nomination ai prossimi Oscar quale miglior pellicola straniera, ha già procurato a Sensini un‘altra nomination, quella per la miglior partitura, ai Jerry Goldsmith Awards ed appartiene al filone “adulto” del cinema d‘animazione, opzione che – se possibile – raddoppia le difficoltà, già notevoli, per il compositore. Si tratta infatti di trovare uno stile, un linguaggio che rispondano alla doppia esigenza di calzare sui tempi e i ritmi, particolarissimi, di un cartoon, ed in più di rendere – anche per contrasto – l‘atmosfera psicologica e tematica del film,
Ed è proprio su questo terreno che Sensini ci spiazza felicemente, lui compositore così avvezzo e sapiente nel reparto elettronico, optando innanzitutto per un piccolo organico quasi bandistico: pianoforte, tuba, batteria, xilofono, fisarmonica, violoncello. Accompagnato da Stefano Mora al contrabbasso, Marco Messa al clarinetto, Federico Perpich al violoncello e da Sanita Sprūža, musicista e virtuosa del Kokle, uno strumento a corde percosse della tradizione lèttone, Sensini ha curato personalmente le parti di pianoforte e flauto affidando il rimanente ad un reparto da orchestrina di paese, con una ripartizione solistica di ruoli ben precisa e un “colore” strumentale che a tratti ricorda il “Pulcinella” o addirittura l‘”Histoire du soldat” stravinskyani, Si presenta così, in apertura, il lungo “How to no commit”: una marcetta legnosa, marionettistica, con la tuba in buffo primo piano, poi una serie di variazioni per xilofono, un valzerino, una serie di disincantati ballabili… Il senso del grottesco viene immediatamente trasfigurato e alleviato in gioco quasi infantile, in movenza danzante e sorridente, appena venata di malinconia. Ma per far questo Sensini sembra guardare anche a certo Nino Rota e a un repertorio popolare di disarmante, quasi provocatoria semplicità strutturale. Il valzerino pianistico dell‘”Anna‘s theme” è in tal senso esemplare nelle sue innumerevoli variazioni timbriche e ritmiche, e ancor più “Indulis”, con un gioco di rimandi fra tuba, xilofono e percussioni; si fa largo, con decisione, una dote che sinora non s‘era avuto modo di apprezzare nei lavori di Sensini, ossia il senso dell‘umorismo. E tuttavia, il caldo, intenso, duetto di cello e basso di “Divorce Latvian style”, che subito riprende un‘andatura saltellante e sogghignante appoggiandosi anche all‘intervento del clarinetto, introduce un nuovo colore timbrico ammiccante e nitido, così come i pizzicati che fanno da controcanto al clarinetto e al flauto in “The secretary and the entrepreneur”; la precisione delle scansioni ritmiche, basate su tempi semplici in levare, concorre a dare l‘impressione di un giocattolo meccanico dall‘energia motoria fissa, stabile e inesauribile. Un‘ombra di malinconia francesizzante si affaccia nell‘armonica di “New wife, new life” mentre il pianoforte e il vibrafono declamano in solitaria uno dei malinconici temi principali in “Back home”, aprendo un gioco di raddoppi struggente.”Russians, Germans, Partisans” fa il verso, coro e Kokle compresi, a marcette militar-nazionaliste di agevole attribuzione etnica, contrapponendosi idealmente a “Jealousy” e “Helpless creatures”, pagine trasognate, liquescenti. In un‘atmosfera sempre più magica e tintinnante, prosegue il dialogo clarinetto-violoncello in “Forest” sino a che il piano non riprende il tema portante e valzeristico di Anna. Nuovi echi e allusioni russeggianti affiorano in “Partisans” mentre il “Miranda‘s theme” si apre con una cadenza del cello a introdurre una pagina commossa e sentimentalmente melodica. Celesta, piano e cello divagano ad altezze siderali in “Center of the universe” mentre “Son” ha un andamento più severamente monodico, quasi liturgico. Di nuovo l‘ormai familiare valzerino lunare, felliniano in “Signe and Anna”, e di nuovo il recitativo severo del cello in duo col pianoforte, cui si aggiunge poi il clarinetto, nel malinconico “Miranda‘s solstice”, ma non c‘è tempo per intristirsi perché il “Linda‘s theme” evoca quasi “Petruška” di Stravinsky anche nella scelta lucida di un politonalismo spigoloso. Ecco però che “The bride var” torna a raccogliersi intorno al mesto canto del violoncello, prima che “Like a clown” ci trasporti senza mediazioni in un universo circense e  onirico. Il ritmo di valzer viene piegato ad una meditazione ombrosa per cello in “Irbe‘s voices”, così come il piano si lascia andare ad uno “slow” carezzevole in “I hear music”. L’intervento – sin qui raro – dell‘elettronica contribuisce alla rarefazione di “Finale”, prima di lasciare spazio al piano su lunghi pedali del cello che ricordano un pò certi momenti di Teho Teardo. Il conclusivo “Rocks in my pockets” r
allenta e distilla nel clarinetto il tema portante, in netta dissonanza iniziale con l‘accompagnamento, per lasciarlo poi srotolarsi liberamente nell‘ensemble strumentale in una ricapitolazione finale luminosa e affermativa.
Partitura preziosa, questa dunque di Sensini, che coniuga una piacevolezza all‘ascolto oggi non comune con un percorso linearmente coerente alla struttura apparentemente contraddittoria del film (un cartoon sulla depressione!), in un risultato tanto straordinariamente maturo quanto sostanzialmente innovativo.

Rocks in my Pockets - Colonne Sonore